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Il gigante dai piedi d’argilla. Caso studio. Parte 2

06lug2008

L’indagine strumentale

Il legno decomposto od in via di decomposizione, a causa di carie, viene evidenziato dai profili di densità del dendrodensimetro dal momento che il decadimento causa una riduzione della resistenza meccanica alla perforazione. Valori estremamente alti di densità sono stati trovati nelle zone limitrofe ad aree di decadimento. Questi picchi sono correlabili con la presenza di zone di compartimentazione intorno a zone di decadimento fungino. Valutazioni comparative di diversi profili di densità sono state pubblicate in quanto ottimi indicatori anche precoci di: decadimento fungino (depressioni lungo il profilo, formalmente differenziate in funzione dello stadio di decadimento); danni da insetti (profonde depressioni locali soprattutto nella parte più esterna del profilo), spaccature, slittamento di fibre, cipollature anulari, zone cave (profonde depressioni locali soprattutto nelle parti più interne del profilo). La resistenza incontrata dall’utensile nell’effettuare il foro cilindrico, viene registrata su un apposito diagramma. In questo modo è possibile ottenere un grafico illustrante, in funzione della profondità raggiunta, le differenti densità del legno attraversate. Conosciuta la sezione trasversale residua effettivamente portante dell’albero occorre dunque valutare se i risultati dei tentativi messi in atto per riparare alle degenerazioni e cavità causate da carie (barriere di compartimentazione, legno di reazione) possano bastare o meno a mantenere costante la tensione sulla superficie dell’albero.

Il coefficiente di sicurezza

Il presupposto per il mantenimento dell’ albero è la prova che la sezione trasversale difettosa non cederà per una rottura da flessione normale o per collasso della sezione.

Per questo tipo di valutazioni C. Mattheck è stato propenso ad uno studio empirico sul campo con il quale determinare lo spessore residuo ammissibile della parete. Mattheck ha verificato, in Germania, Inghilterra e U.S.A., più di 900 alberi cavi con cedimenti e in piedi, tracciando il rapporto dello spessore di parete esterna residua rispetto al raggio del tronco cavo (t/R), attraverso il valore assoluto del raggio R.

Lo studio ha dimostrato che la caduta degli alberi cavi, dovuta ad imbozzamento flessionale o alla rottura per appiattimento della sezione trasversale, non prevedibile poiché si tratta di una modificazione spontanea della forma, si ha a partire da valori t/R inferiori a 0.32 – 0.30.

RAPPORTO TRA LEGNO SANO RESIDUO (t) e RAGGIO DEL TRONCO NEL FAGGIO DI PORTA SPINOLA

  • (r) Raggio basale: 70 cm.
  • T necessario: circa 23 cm
  • T reale: 10/15 cm

Nella maggior parte dei punti sondati la porzione di legno sano residuo è, secondo i parametri di sicurezza predefiniti, insufficiente a garantire le condizioni di stabilità dell’albero.

Aggravanti

  • Carie molto attiva (vedi stato legno decomposto), presenza di fessurazione da cedimento lungo il tronco.
  • Il confronto con le misurazioni ottenute da una precedente indagine (2004) ha inoltre messo in evidenza una elevata velocità di degradazione dei tessuti legnosi.

Analisi del possibile cedimento

Nella figura è illustrato il probabile cedimento del faggio, causato da rottura a livello della scampanatura basale ed innescato da un misto tra cedimento tangenziale e delaminazione da sollecitazione trasversale.

Con colletti “a campana” molto sottili anche l’imbozzamento flessionale o il “piegamento del tipo del tubo flessibile” possono contribuire al cedimento.

I faggi, in particolare, mostrano spesso un marcato allargamento del piede, in seguito alla formazione di una grossa cavità, conseguentemente ad un processo di carie.

Quando un albero simile viene sollecitato dal vento, l’intera spinta deve essere ripartita sulla parete sottile del tronco. Ciò favorisce lo slittamento longitudinale delle fibre (sfaldatura assiale) così come la tensione del perimetro del tronco sul lato di tensione della porzione flessa.

L’altra metà del tronco tende a tirare trasversalmente dalla parte opposta.

Quando la metà del tronco soggetta a tensione si tende e si verifica una spaccatura assiale, l’albero si inclina sempre più e la metà sollecitata può rompersi. Con tale dinamica, che avviene secondo il “modello del piegamento del tubo flessibile” provocato da una spinta media, l’albero cede.

Particolari delle sezioni del faggio a 0,5 m (sinistra) e a 1,5 m circa da terra (destra)

Particolare della sezione di legno

Conclusioni

Il rischio di cedimento dell’albero era dunque molto elevato. Si deve inoltre tenere in considerazione che quanto descritto vale considerando il quadro fitosanitario riscontrato al momento dell’indagine. Le condizioni dell’albero erano destinate ad aggravarsi ulteriormente proprio in considerazione delle patologie presenti (carie del legno). NON ESISTENDO, ad oggi, presidi fitosanitari o terapie in grado di arrestare efficacemente i processi degenerativi suddetti (carie, marciume radicale) e poiché non sono stati ritenuti possibili efficaci interventi di messa in sicurezza, è stato necessario procedere all’abbattimento del faggio (classe FRC attribuita: D).

Nell’ambito del progetto di riqualificazione del parco di Porta Spinola verranno messi a dimora nuovi alberi, a “compensazione” della pianta abbattuta.

In conclusione, a proposito degli interventi di dendrochirurgia ed altre tecniche quantomeno discutibili che qualche avventuriero del settore in cerca di visibilità aveva proposto sui giornali locali per curare le carie del faggio, contestandone l’abbattimento, pubblichiamo parte di un interessante articolo sul rapporto tra uomini ed alberi, riportato su un numero del Notiziario della Scuola Agraria del Parco di Monza (Giulio Giuli, “Si è sempre fatto così”, 2007):

“..la diffusa predisposizione a trasformare in umano tutto quello che umano non è, alberi compresi, è stata e continua ad essere una delle principali fonti di danno per gli alberi stessi: carie del legno “curate” come dal dentista, cavità drenate, riempite, sigillate, pomate cicatrizzanti, flebo ed iniezioni per citarne alcune, sono pratiche nate e giustificate da questo tipo di approccio. Sono passati almeno venti anni da quando Alex Shigo pubblicò i suoi primi lavori alla pressochè totale accettazione delle sue teorie riguardanti l’albero. Eppure si rischia di passare per incompetenti a spiegare che in alcuni casi non c’è davvero più nulla da fare rispetto a chi invece va proponendo tecniche e concetti discutibili….”